Cosa ci fa apprezzare uno spazio ben progettato?
Perchè alcuni spazi stimolano i nostri sensi meglio di altri?
Frederick Marks, presidente dell'Accademia di Neuroscienze per l'Architettura condivide che "le neuroscienze sono una branca multidisciplinare della biologia che si occupa della struttura o funzione del sistema nervoso e del cervello. Ciò include psicologia, fisiologia, anatomia, biologia molecolare e dello sviluppo, neurochimica, citologia e modelli matematici.".
Marks afferma anche che "gli ambienti in cui viviamo, lavoriamo e giochiamo cambiano continuamente il nostro cervello e il nostro comportamento. Mentre il cervello controlla il nostro comportamento e in geni controllano il progetto del nostro cervello, il nostro ambiente può modulare la funzione dei geni e in definitiva, la struttura del cervello.".
E' quindi possibile "hackerare il cervello", spingerlo nella direzione che vogliamo con spazi, colori, linee e punti ben precisi, in maniera da influenzare la memoria, creando connessione tra neuroscienze e architettura.
Cosa rimane all'uomo se lo priviamo di tempo e spazio?
Cosa succede quando i ricordi di una vita si disgregano?
Se vogliamo dare una risposta ad una malattia così complessa come l’Alzheimer, bisogna guardare oltre ed osare con nuove sperimentazioni e soprattutto pensare al problema non più come ad una malattia che coinvolge l’individuo e la famiglia, ma l’intera comunità.
Il progetto ideato dagli studi Champagnat & Gregoire Architects e NORD Architects e realizzato a Dax, in Francia nel 2020, cerca di rispondere a questa domanda e lo fa in maniera etica e cercando di stimolare continuamente con l'ambiente naturale, ponendo al centro dell'attenzione il benessere dell'individuo.
È noto: l’invecchiamento della popolazione sta producendo
nuovi e gravi problemi d’ordine sociale ed economico, ancor prima che medico. I
numeri sono significativi: la popolazione italiana ultrasessantacinquenne non
autosufficiente supera i 2,5 milioni; le patologie degenerative riguardano
oltre 1 milione di persone. Fra queste, l’Alzheimer ha un ruolo considerevole
incidendo profondamente, oltre che sui malati, anche sulle famiglie di
provenienza in relazione a cura, sorveglianza, interferenze con impegni
lavorativi e gestione dei rapporti sociali.
Questi due progetti, diversi ma con un unica grande forza, hanno destato la mia curiosità su come hanno trattato un problema così attuale e al contempo lasciato ai margini.
E' necessario trovare una soluzione progettuale integrata alle neuroscienze, che coniughi percorsi sicuri, ambienti familiari, stimolazioni sensoriali, con attività integrative in grado di riattivare la mente in fase di declino, per procrastinare il punto di non ritorno. La storia siamo noi, i nostri padri e madri, i nostri nonni e senza memoria non c'è futuro.
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