domenica 5 novembre 2023

Imprinting

Luoghi impressionanti

Nato in Cile, vissuto in continua oscillazione tra i monti Sibillini, tra un piccolo paese arroccato medievale di nome Costacciaro e la storia di Roma; tuttavia, il luogo che maggiormente mi ha formato caratterialmente è diverso, in me scorre nelle vene vivo e autentico ogni giorno e con frequenza percorro i miei 230 km per raggiungerlo. Si tratta di San Benedetto del Tronto, cittadina famosa ahimè per le preselezioni di Miss Italia, ma anche centro importante culturale dove si svolgevano e svolgono rassegne cinematografiche, concerti, spettacoli. San Benedetto del Tronto è la Miami “de noantri”, con la sua famosa riviera delle Palme, il molo lunghissimo dove vengono ospitate delle sculture fatte sugli scogli e il porto dove ogni mercoledì e venerdì attraccano i pescherecci. E’ proprio da qui che nasce il mio imprinting, fatto di percorsi, odori, sguardi, rumori, sensazioni tattili.


Eh si, con mio nonno e successivamente mio padre, sveglia all’alba, niente colazione e di corsa al porto in bici, un’Adriatica arancione, alle 6.00 scaricano il pesce! È una corsa veloce, attraverso la parte pedonale del Viale delle Palme, il decumano, svoltando per la Rotonda Giorgini dove insiste una grande fontana sempre attiva contornata da bellissimi fiori colorati incrociando quindi il cardo; slalom tra le bancarelle e via per il grande porto, dove ci accolgono gli enormi cantieri navali, le gru, gli operai.

Ecco il mercato del pesce, il chiacchiericcio assordante della gente, le strilla dei pescivendoli, l’odore buono del pesce fresco mischiato al tanfo della nafta delle imbarcazioni, i colori sgargianti del pesce su casse bianchissime.

Non ho una foto del mercato ma questa è ripresa dal mercato vedendo il mare.



Finito. È ora di colazione e di andare in spiaggia, lo iodio fa bene ai bambini la mattina presto! Di corsa ripercorriamo il tragitto al contrario, passiamo a casa a lasciare il pesce e di corsa in spiaggia, la prima, quella vicina al centro e vicino alla casa. Per un bambino piccolo, che vive tutti i giorni in città in 4 mura, il must era fare colazione al mare. Io la facevo su un pedalò giallo e con la mia tazza gialla...in quel momento, per me succedeva qualcosa che è difficile descrivere in poche parole. Calma, silenzio. Il mare piatto di un blu intenso tagliava come una lama la spiaggia bianca dal cielo azzurro privo di nuvole. In lontananza si vedeva qualche ultimo peschereccio attraccare al porto, ma nient’altro. La foto è di me molto piccolo.

Piccole timide onde tracciavano sinuose linee sulla sabbia bianchissima, decorate da una spuma leggera che in fretta spariva e dalle conchiglie che spezzavano la continuità, le orme impresse sulla sabbia bagnata e subito cancellate, tutto era presente e già passato. Ok, nella mente di un bambino è sabbia, mare, latte con nesquik, la consapevolezza verrà col futuro.


Ora di pranzo, noi eravamo una di quelle famiglie che composti si andavano a spogliare nella cabina dello stabilimento, riponevamo le borse e i giochi e andavamo a casa a cucinare. Persino le cabine dello stabilimento, o come si chiamano nelle marche, delle concessioni è importante nel mio ricordo. Piccole, bianche, non rasate e stuccate ma verniciate alla bene e meglio, con porticine rosse e bianche; tante piccole “scatole” adibite a bar, angolo della pizza, cabine degli spogliatoi, bagni e infermeria, tutto collegato con pavimenti di color verde bosco, tutto connesso con una precisione chirurgica. La casa, quasi sempre presa in affitto, era vicino al contesto balneare e al centro storico.


Il tempo ora scorre lento e mi accorgo che il grande vialone pedonale ospita due filari importanti di palme, che si perdono all’orizzonte per quanto è lungo il percorso. Ad un occhio più attento, ci si può accorgere che non vi sono ai lati del viale, due pinete, ma un’unica pineta interrotta da questo nastro di palme. Un nastro che connette a casa, oppure alla grande fontana.



La fontana è un nodo importante perché abbiamo molteplici diramazioni che ci accompagneranno al paese vecchio, al porto, al molo, alla spiaggia. La grande fontana, questo nodo importante. Ora andiamo verso casa, ma ben presto mi dirigerò con i miei amichetti dell’epoca, alla pineta, dove ci stanno i giochi e gelati, e persino un carretto con l’asinello che va avanti e indietro continuamente.  Una partita dopo l’altra perdo la cognizione di causa, passano le ore, tra altalene, videogame, acchiapparella.

È ora di andare, sempre in bicicletta, con mia madre e mio padre, al molo, una lunghissima passerella di 1000 metri piena zeppa di arte. Abbiamo il MAM, Museo dell’Arte sul Mare, dove degli artisti designati, possono comprare uno scoglio della banchina e scolpirlo e lasciare un segno di se. In lontananza vediamo qualcosa di strano, un grande basamento regolare, bianco, con sopra un enorme cerchio e un gabbiano, di metallo nero.

È questa la vera essenza del mio cambiamento avvenuta in età matura. Inizia con una serie di percorsi, una quotidianità fatta di luoghi riconoscibili, di odori familiari, di colori in movimento e finisce al monumento sul molo sud a Jonathan Living Stone. Il gabbiano Jonathan rappresenta tutti coloro che non si accontentano di una vita comune, dedita ad attività materiali e protesa verso un egoistico benessere: egli vuole di più, perfeziona le sue tecniche di volo, esplora cieli sconosciuti, sperimenta nuove evoluzioni, si pone sempre nuovi obiettivi da raggiungere in un continuo superamento dei propri limiti; è determinato nella sua ricerca, nonostante gli inevitabili fallimenti e le delusioni, e vince, contro lo scetticismo degli altri gabbiani, la sua sfida.


Il suo è un invito a cercare con coraggio altri mondi e altre esistenze. Essenziale è la consapevolezza che è possibile realizzare i propri sogni e le proprie aspirazioni, creando qualche cosa di nuovo e importante, da trasmettere in dono agli altri. Proprio per questo è stato il mio imprinting inconsapevole, donato dai miei genitori a me.


È tardi, ora di tornare a casa, che palle!!! Ritorniamo in sella alle biciclette e con lentezza rassegnazione, ci avviamo a casa, ma non è proprio così brutto il rientro. Il nodo principale è sempre la fontana, che raggiungiamo e ci soffermiamo ad osservarla, ora è cambiata, le caldi luci accentuano i giochi d’acqua, il faro militare illumina e squarcia la notte.  


Lungo il viale del rientro, palme, tante palme e tante statue di arte moderna e contemporanea. 

Un capriccio, un gelato e via a casa.

Questa era la mia routine che ho vissuto da 0 a 16 anni; successivamente la cittadina mi stava stretta, sperimentai altro, ma a 32 anni, esattamente 16 anni dopo, il mio cuore si è riavvicinato a San Benedetto ritrovando gli stessi odori, percorsi, colori, aggiornati in chiave moderna ma pur sempre segni di un passato che rimarrà nel mio cuore.



Il tempo dell'attesa


Di Lucio Fontana

 

Ma che cos’è l’attesa? È il tempo dell’assenza, che presuppone un presente e un futuro. Si tratta di un lavoro concettuale, perché ciò che sta dietro a una di queste opere è la parte più importante. L’operazione artistica consiste nello sfondamento della tela, attraverso un taglio e\o buco creato nella materia, così come San Benedetto del Tronto è tagliata di netto.



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